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La rivincita della carta


Torna la carta in azienda? Non proprio, ma vi sono piccoli segnali di una ripresa delle applicazioni stampate. Alcuni touchpoint considerati particolarmente significativi per la comunicazione interna ed esterna tornano a essere fisici e non più solo digitali. E l’invito a non stampare le email ricevute se non strettamente necessario è ormai sparito dai messaggi di posta elettronica, ma forse non tutti sanno che la comunicazione digitale non è affatto a costo zero per il pianeta: email, file Pdf, presentazioni Ppt, Jpg e allegati vari inquinano perché la loro produzione e invio generano CO2. È stato stimato che se si ricevono e inviano una settantina di email al giorno, numero non alto se si considera lo spam e i messaggi in cui siamo in cc, a fine anno si saranno processati circa 17.000 messaggi pari a 84kg di CO2, che corrispondono a quasi 190 km percorsi su un’auto di media cilindrata. Le maggiori associazioni che si battono per limitare gli effetti del cambiamento climatico premono per una riduzione del numero di messaggi e allegati che ci scambiamo, una buona metà dei quali è tra l’altro totalmente inutile.


Anche se il digitale ha reso semplici un’infinità di cose e ci consente di partecipare a più attività anche quando siamo distanti, l’attenzione che prestiamo ai messaggi digitali è minore rispetto a quella che dedichiamo alla parola stampata. Lo sostengono vari studi che dimostrano come sia più facile distrarsi mentre si legge una mail o si partecipa a una call e che la percentuale di informazioni digitali che riteniamo sia decisamente inferiore rispetto ai dati che riusciamo a memorizzare se li leggiamo su carta. Il recupero della carta, però, non è dovuto solo alla volontà di aiutare gli individui a comprendere i contenuti e a memorizzarli, si torna a stampare perché la fisicità di un libro, una brochure o un catalogo risulta più efficace nel trasmettere l’importanza del contenuto, nell’attribuirgli un peso non solo metaforico, nel rendere la cura che è stata messa nell’elaborarlo e il valore intrinseco della comunicazione.


“Se non sei sulla scrivania del cliente, non sei neanche nei suoi pensieri”, dice il direttore commerciale di un’azienda di minuterie metalliche che invita la sua forza vendita a lasciare sempre una brochure ai clienti e ai prospect. La smaterializzazione totale è un pericolo perché rende meno rilevanti le comunicazioni, non fa crescere l’awareness di un brand, non premia la qualità di una collezione, di un prodotto o la rilevanza di un’iniziativa.

«Ci sono momenti in cui per condividere un turning point aziendale un discorso e un Pdfnon sono sufficienti», dice Federica Toscanini, Sales & Marketing Manager delle Industrie Toscanini di Borgosesia. “Quando abbiamo compiuto 100 anni, abbiamo festeggiato con un evento, varie iniziative di PR e comunicazione e… un libro in italiano e in inglese. Lo abbiamo voluto perché ci sembrava il modo giusto per raccontare un secolo di storia, dando visibilità anche a tutte le persone che ci hanno aiutato ad arrivare a quel traguardo. Clienti e dipendenti hanno molto apprezzato».

Anche chi si occupa di comunicazione interna, spesso la funzione HR delle aziende, sta rivendendo la decisione di inviare ai dipendenti solo comunicazioni digitali. Si stampano di nuovo i “Soul Book”, l’obiettivo di queste piccole pubblicazioni è di condensare e trasmettere i valori portanti di un’azienda ai nuovi assunti. La carta in questo caso rende concreti i contenuti, li aiuta a sedimentare e li fa durare, al contrario della fruizione digitale, spesso limitata a un breve istante.

«Dall’anno scorso, siamo tornati a stampare cataloghi, company profile, libri d’arte e fotografici, menù, inviti, istruzioni di montaggio, leaflet ma anche agende, biglietti da visita, calendari», dice Barbara Meroni, Direttore Commerciale delle Arti Grafiche Meroni con sede alle porte di Milano. “Nonostante i costi aumentati della carta e dell’energia che inevitabilmente impattano sui budget, i clienti sanno che smettere di stampare significa perdere un’importante opportunità di raggiungere i loro target con prodotti destinati a durare».

“Is print dead?” domandava la rivista americana Forbes esattamente 10 anni fa. La risposta che si dava allora era “not so fast”, non così in fretta. I numeri dimostrano che si stampa meno, molto meno di un tempo, ma che non siamo ancora pronti a rinunciare alla carta stampata, al senso di permanenza che porta con sé e, forse, alla sua capacità di suscitare quella che, Vanni Scheiwiller, grande intellettuale ed editore, chiamava la “libridine”.


Francesca Melli su "Economy" Luglio 2023

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